Antologia critica

Manuel De Marco s’interroga sulla complessità degli oggetti sociali (presenze e assenze, uno sguardo, la mano distratta, il contatto durante un viaggio, …), oggetti non documentati e documentabili in file, ma vivi nei luoghi inesplorati della memoria personale o in video d’arte da incontrare poeticamente. L’artista ripensa a questi rapporti tra esperienza sensibile e schemi concettuali, e li ripercorre passo passo, come fa alla fine degli anni Novanta l’Estetica Razionale, che propone un’ontologia dell’esperienza sensibile. Il punto da cui l’artista parte è l’impronta, il segno di sé, il fondamento ontologico delle esperienze e delle proprie opere. Tutto intorno, nello spazio non occupato dai propri piedi come segno sensibile di sè, stanno gli “others”- gli altri, e l’alterità. L’altro, che non ha forma alcuna se non quella della parola che lo rappresenta, è ripetuto all’infinito, other occupa la superficie della realtà come texture calligrafica che non chiede lettura e interpretazione ma annuncia, semplicemente, la complessità inesprimibile della propria essenza.

Manuel De Marco è artista concettuale in quanto sensibile alla relazione con un mondo inconoscibile, né bianco nè nero, comunque privo di colore naturale nella convinzione che certe intuizioni, senza concetto, sono invisibili. Con occhi ciechi, perche’ lontani dal pensiero, leggiamo le sue opere cercando delle risposte nelle dottrine icnologiche (letteralmente “dottrine delle tracce”) che sorridono al ritmo di una danza dai ritmi antichi, corporei, arcani. Priorità solo momentanee della ricerca poetica di Manuel De Marco.

Alessandra Santin

(Cfr. Maurizio Ferraris, Documentalità. Ontologia degli oggetti sociali.)

 

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Manuel De Marco questions the complexity of social objects (presences and absences, a look, a distracted hand, contact during a journey, …), objects not documented and documentable in files, but alive in the unexplored places of personal memory or in art videos to encounter poetically. The artist rethinks these relationships between sensitive experience and conceptual schemes, and retraces them step by step, as Rational Aesthetics did at the end of the 1990s, which proposed an ontology of sensitive experience. The point from which the artist starts is the imprint, the sign of himself, the ontological foundation of his experiences and works. All around, in the space not occupied by one’s feet as a sensitive sign of oneself, there are the “others” – the others, and the otherness. The other, which has no form other than that of the word that represents it, is repeated endlessly, other occupies the surface of reality as a calligraphic texture that does not require reading and interpretation but simply announces the inexpressible complexity of its own essence .

Manuel De Marco is a conceptual artist as he is sensitive to the relationship with an unknowable world, neither black nor white, however devoid of natural color in the belief that certain intuitions, without a concept, are invisible. With blind eyes, because they are far from thought, we read his works looking for answers in the ichnological doctrines (literally “doctrines of traces”) that smile to the rhythm of a dance with ancient, corporeal, arcane rhythms. Only temporary priorities of Manuel De Marco’s poetic research.

Alessandra Santin

(See Maurizio Ferraris, Documentality. Ontology of social objects.)